I QUADRI VIVENTI

I NAHARKI

Oltre duemila anni fa, quel popolo che abitava le cime e la valle del Nera, diede vita al nostro viaggio nei secoli…i Naharki. Tramite le risorse che offriva la natura, l’uomo poneva le basi di una cultura che resta ancora oggi radicata nella nostra società. Insediati in castellieri d’altura, avevano affinato le tecniche dell’agricoltura e della pastorizia. Con grande abilità per la lavorazione di terrecotte, stoffe, pelli e metalli. Il bronzo diventava infatti, un materiale essenziale per la fabbricazione di utensili di ogni genere, gioielli, armi e bronzetti votivi. Il culto era legato a divinità pagane alle quali ogni essere umano doveva mostrare devozione, nei templi, per questo, si portavano offerte votive e ad opera del sacerdote si consumavano sacrifici per invocare la benevolenza del dio. Altro aspetto affascinante era quello funebre che testimoniava il grande rispetto per i defunti. Essi venivano sepolti insieme ai propri beni materiali, a loro sostegno per la vita oltre la morte. I Naharki, un popolo valoroso che, per secoli fu libero nell’Italia centrale, si opposero alla poderosa avanzata di Roma, fino a quando non vennero definitivamente sconfitti ed integrati così nella cultura romana.

LAZZARO E GIOVANNI

Pace e misticismo regnavano sovrani sugli scoscesi crinali
che dal Monte Solenne scendono verso la Valle Suppegna.
GROTTA DI LAZZARO E GIOVANNI
Durante il VI secolo due Eremiti Siri,
fuggiti perché perseguitati nella loro terra natia,
raggiunsero questo recondito luogo per iniziare una nuova vita.
La grotta, luogo del primo cenobio
era dove trascorrevano le loro giornate in preghiera e meditazione.
Dopo la morte di Giovanni,
l’Eremita Lazzaro pregò il Signore di mitigare la sua immensa tristezza.
Apparve cosi l’Angelo a portargli conforto in attesa di un segno divino.
Intanto, Faroaldo II, sesto Duca di Spoleto,
ricevette in sogno l’invito di San Pietro ad erigere in Suo onore un Monastero
nel luogo ove avesse incontrato un Santo Eremita di nome Lazzaro.
Faroaldo II recatosi a caccia in Valnerina,
si imbatté nell’eremita annunciato dalla visione…
Lazzaro lo stava aspettando.
Fu così che, nel rispetto del sogno,
sorse in quel luogo l’Abbazia di San Pietro in Valle.

MONACI

IL MONACHESIMO

Il Cristianesimo, messaggio di salvezza spirituale, fu il portatore naturale di un orientamento ascetico intento a fare della vita un’assidua lotta contro i nemici della salute dell’anima, rappresentati dal mondo (l’Egoismo), dal Demonio (l’Orgoglio), dalla carne (la Concupiscenza). Al tempo della conversione delle grandi masse pagane, molti nuovi credenti portarono nella vita comunitaria i residui del loro paganesimo, per cui molti pensarono che non si potesse rimanere fedeli all’ideale della perfezione cristiana se non in solitudine e conducendo una vita monacale. La solitudine, nella forma più rigorosa e originaria del Monachesimo, era assoluta. L’individuo rotto ogni rapporto con i suoi simili, si ritirava a vivere in una grotta, come è stato per Lazzaro e Giovanni, per dedicarsi esclusivamente alla preghiera e alla totale mortificazione della carne. A questa prima fase però, ne seguì una seconda in cui predominarono forme di vita associata, pur nell’isolamento dal mondo. Le prime grandi associazioni monastiche si ebbero dopo il VI secolo; il culmine si ebbe con San Benedetto e la sua regola “Ora et Labora”. Parallelamente al monachesimo maschile, si affermò nel convento di Santa Caterina a Sambucheto quello femminile.

BORGO MEDIEVALE

LO STATUS FERENTILLI

Nel 1484 il feudo di Ferentillo passando sotto il dominio della famiglia Cybo avrà il suo periodo più fiorente. Grazie al mecenatismo di questa illustre famiglia Ferentillo acquistò importanza non solo dal punto di vista culturale ma anche politico. I Cybo fecero del feudo di Ferentillo un vero e proprio stato, infatti, nel 1563 il principe Alberico Cybo Malaspina firmò gli Statuti garantendo l’indipendenza del territorio da ogni interferenza sia ecclesiastica che spoletina… Un Principato libero e sovrano con proprie leggi e proprio Statuto: “Statulum Status Ferentilli Serenissimi Ducis Massae Cybo”. 3 maggio 1601: Con la firma delle famiglie deputate, volendo questi due luoghi fare una sola terra, d’accordo dissero doversi intitolare “Ferentillo”, se cosi compiaceranno all’illustrissimo Domino. E per arme siano due gigli e due chiavi inquartate con la fede di sotto. …Ferentillo natus est!!!!

LA STREGA

La vita tranquilla del borgo poteva essere rattristata dalla visione di un palco preparato al centro della piazza per il rogo di una donna accusata di stregoneria, doveva essere eliminata per non diffondere l’infezione eretica. La folla all’arrivo della gabbia che accompagnava la sventurata, accorreva per assistere al cerimoniale. La processione, di monaci e monache, scortati dagli armigeri, guidava il corteo che si avvicinava alla piazza. La strega preparata per la condanna seguiva un frate che sorreggeva una croce, mentre il Vescovo, il Vicario del Santo Uffizio e il generale dell’inquisizione attendevano l’inizio del cerimoniale. Tutto si svolgeva alla presenza di un notaio, abitus et vocatus dal Vicario del Santo Uffizio. La strega veniva accompagnata sul palco dal frate che prima di farle baciare il crocifisso, iniziava un suo sermone… INQUISIZIO SUPERIOR REGIBUS: “L’inquisizione è la porta del paradiso è santa, è superiore ai re perché risale alla creazione del mondo e all’origine della torre di Babele”. Il generale dell’inquisizione consegna la sentenza al Vescovo…

I BRIGANTI

Una volta, quando non c’era la strada, quando solo un viottolo tra gli alberi univa i due borghi di Precetto e Matterella, quando il silenzio della notte era interrotto solo dal fruscio del vento che saliva dai canali della Valnerina, rinforzato dallo scroscio di cascatelle e rapide del Nera… allora questo posto diventava l’ideale per un agguato dei… (breve pausa) BRIGANTI!!! I fuorilegge attendevano il viandante solitario, lo aggredivano… lo derubavano… e lo lasciavano a terra spogliato del suo mantello, dei suoi marenghi d’oro e di tutti i suoi averi…

LA PESTE

Peste… miracolo di San Sebastiano Si narra che Ferentillo fosse stata colpita da una tremenda pestilenza. Siamo nel 1657. In breve tempo, il contagio si era esteso assumendo l’aspetto di un vero e proprio flagello. Venne istituito un lazzaretto fuori dalle mura del paese, dove medici della peste cercavano di tamponare il morbo. I morti erano numerosi e venivano bruciati lontano dal borgo abitato, il clima era di paura e di angoscia. Ed è proprio in questo clima di terrore e di morte che si racconta perché San Sebastiano sia diventato patrono di Ferentillo. Il popolo si riunì in una processione propiziatoria portando la statua del Santo per le vie del paese… sperando in ciò che si attendeva… Invocata la benevolenza del Santo avvenne ciò che il popolo attendeva…Il miracolo! …San Sebastiano apparve per fermare quello che era considerato un castigo divino! I bubboni scomparvero dai corpi straziati, l’aria si purificò e come per incanto tutto tornò alla normalità. Quel Santo aveva portato la sua benedizione su quel borgo medioevale, salvando il suo popolo dal flagello chiamato peste. Ma il miracolo fu doppio perché salvando il corpo, il Santo purificò anche le loro anime, che riconobbero in lui la loro vita e lo vollero per sempre come protettore del Paese e della verde vallata.

I FRANCESI

Anno 1796, l’Esercito Napoleonico comandato dal terribile Colonnello Tursky, diretto verso Roma, giunge in queste pacifiche vallate votate all’agricoltura e alla preghiera, sconvolgendo le tranquille giornate di queste genti. I ferentillesi avvertiti dal suono delle campane, provarono a resistere all’invasore straniero… ma fu tutto vano. Sconfitti furono costretti a ritirarsi al passo del Salto del cieco da dove pianificavano nuove sommosse Ferentillo era occupato. Il Colonnello Tursky ordinò di calare le campane di tutte le chiese “poiché esse furono inventate a chiamar le genti alla preghiera e non ai tumulti e al sangue!!!”. Allo stesso tempo, come era di rito, veniva fatto erigere l’albero della libertà, simbolo anticlericale dei rivoluzionari francesi. La Repubblica Romana era realtà. Ma non durò a lungo. Dopo solo 3 anni le truppe francesi sfinite dalla mancanza di rifornimenti furono costrette alla ritirata…. e quando il 3 agosto 1799 i ferentillesi scesero dalle montagne pronti alla battaglia, non trovarono che un esercito allo sbando dedito alla fuga. Ferentillo e da lì a poco tutta la Valnerina furono liberati La battaglia contro gli invasori francesi era conclusa, ma ben presto sarebbe iniziata una nuova stagione di scontri che porterà all’unificazione d’Italia

STAZIONE DI POSTA

LA FIERA

Botteghe, bancarelle, ma soprattutto gioia di vivere. Non più preoccupazioni per la sopravvivenza…ma l’allegria dei momenti felici. Da ora in poi sarà tutta una festa, la festa dei borghi, allegra, vivace, colorata… Le fiere costituivano un’occasione per rinnovarsi e conoscersi. Le più affollate erano quelle primaverili, quando si portavano in piazza per vendere, gli animali allevati in inverno ed i lavori artigianali eseguiti in quel periodo, come cesti, pentole, scope, zoccoli, cocci, ferro battuto. A Ferentillo la fiera più grande si ebbe in occasione dei festeggiamenti del 17 dicembre 1860 quando con Regio Decreto si dichiarò Ferentillo annesso al Regno D’Italia e venne proclamato Comune Libero. Ogni anno il popolo ferentillese si riuniva in fiera per festeggiare i giorni di Santo Stefano e San Magno e il patrono San Sebastiano, venerato il 20 di agosto.

LA TREBBIATURA

Una volta i Ferentillesi non avevano grandi occasioni di incontro. Ci si riuniva e si ballava in famiglia durante il carnevale, si giocava a tombola per le feste di Natale e poi, …poi si aspettava la grande festa della trebbiatura che riuniva signori e garzoni, donne e fanciulle…allora, tutti insieme intonavano un canto, quasi una preghiera di ringraziamento per le messe a raccolta. I padroni partecipavano come osservatori e offrivano ai coloni il grande pranzo di chiusura dove la grassa oca troneggiava sul grande banchetto imbandito nell’aia, fra fiumi di vino, risate e allegria. La festa non poteva non finire che con la danza al suono delle fisarmoniche, con l’allegro “saltarello”, che ballavano gli anziani insegnandolo ai giovani e divertendo i bambini che correvano in piena euforia fra le coppie. Quanti amori sono nati fra quel grano! Quante fanciulle si preparavano nelle tetre giornate invernali per quella che era considerata la manifestazione più importante dell’anno! …Forse oggi non si attende più quella ricorrenza ma la grande festa dell’estate, proprio come avveniva un tempo, fa palpitare ancora il cuore dei giovani che, con l’esplodere della natura, emanano tutta la loro gioia di vivere, di sperare, di sognare…di amare.

IL TRAM

5 settembre 1909, una data insignificante?
Per Ferentillo no!
L’inaugurazione della tramvia Terni-Ferentillo
segnò il grande avvenimento compiuto per la popolazione della Valnerina,
che da lunghi anni sognava un rapido mezzo di comunicazione con Terni.
La stessa linea ferrata è vista come una rivoluzione industriale.
Il tram permette a questo grazioso paesino di aprirsi a nuova vita,
nasceranno sogni, desideri, progetti…Il tram sarà il ponte dell’evasione;
sarà la possibilità di movimento, la luce del futuro,
sarà il mezzo di collegamento con la grande città industriale.
L’isolamento è finito. Inizia una nuova era, il futuro dei nostri figli sarà diverso, darà loro la possibilità di scegliersi un’altra vita che prima gli era preclusa.
Tutta la popolazione seguita dalle autorità dei piccoli comuni della vallata
e dal poeta Ternano Furio Miselli
accorre ai festeggiamenti di questa memorabile giornata
che segnerà per sempre il loro avvenire
Solo dopo qualche anno, nel 1915, saranno ancora gli altri
a decidere per quei figli che speravano e sognavano.
Nessuno sceglie di andare in guerra, eppure partono.
Sogni, illusioni, desideri, sono ancora una volta infranti
da quei pochi che decidono per tutti…Per tutti coloro che vogliono la pace
e ancora oggi sono costretti a combattere.

Ferentillo-Stemma
proloco