Questo evento unico nel suo genere trasforma il nostro borgo in un palcoscenico a cielo aperto, dove le mura antiche e le strade acciottolate diventano testimoni di secoli di storia.
Le Rocche Raccontano non è solo una rievocazione storica, ma un vero e proprio viaggio attraverso il tempo, dove passato e presente si incontrano in un’affascinante narrazione collettiva. I visitatori potranno rivivere le epoche che hanno segnato il nostro territorio, dai fasti medievali alle tradizioni rinascimentali, grazie a spettacoli, cortei storici, e rappresentazioni teatrali che animano il borgo.
La Pro Loco di Ferentillo è lieta di far parte di questa tradizione e di contribuire a mantenerla viva, offrendo a tutti i partecipanti un’esperienza immersiva che celebra la nostra ricca eredità culturale.
Ed ogni anno siamo pronti ad accogliere con entusiasmo tutti coloro che vorranno immergersi nella magia del passato e scoprire le storie che le nostre rocche custodiscono gelosamente.
I QUADRI VIVENTI
I NAHARKI
I Naharki, un antico popolo dell’Italia centrale, vivevano nella valle del Nera oltre duemila anni fa. Abitavano in castellieri d’altura e avevano sviluppato tecniche avanzate di agricoltura, pastorizia e artigianato, eccellendo nella lavorazione del bronzo per utensili, gioielli, armi e oggetti votivi. La loro religione era centrata su divinità pagane, con offerte e sacrifici nei templi, mentre il rispetto per i defunti era evidente nelle sepolture, arricchite con beni materiali. Nonostante la loro valorosa resistenza, i Naharki furono infine sconfitti e integrati nella cultura romana.
LAZZARO E GIOVANNI
Nel VI secolo, due eremiti siriaci, Lazzaro e Giovanni, perseguitati nella loro terra, si rifugiarono in una grotta nei pressi del Monte Solenne, dove condussero una vita di preghiera e meditazione. Dopo la morte di Giovanni, Lazzaro ricevette conforto da un angelo. Nel frattempo, Faroaldo II, duca di Spoleto, ricevette in sogno l’invito di San Pietro a costruire un monastero nel luogo dove avrebbe incontrato un eremita di nome Lazzaro. L’incontro avvenne in Valnerina e, seguendo la visione, nacque l’Abbazia di San Pietro in Valle.
MONACI
Ferentillo prende il nome da Ferento, città distrutta nel 1173 a causa dell’eresia catara. I superstiti si rifugiarono più a nord e furono accolti dai monaci dell’Abbazia di San Pietro in Valle. I locali iniziarono a chiamarli “Ferentum-illi”, ovvero “quelli di Ferento”, da cui il nome del paese.
La storia di Ferentillo è strettamente legata all’abbazia: nel 1217 la Rocca di Sacrato fu affidata all’abate, unendosi a quella più antica di Matterella. Il feudo, composto da vari castelli sorti a difesa dell’abbazia, fu teatro di continue ribellioni e violenze, spesso alimentate dagli stessi monaci.
Dopo l’assassinio di un abate, nel 1300 Papa Bonifacio VIII tolse all’abbazia la giurisdizione sul territorio, affidandola al Capitolo Lateranense. La pace fu ristabilita solo con il passaggio del feudo all’amministrazione pontificia.
MONACHESIMO
Il Cristianesimo, con il suo messaggio di salvezza spirituale, promosse un ideale ascetico che vedeva il mondo, il demonio e la carne come nemici dell’anima. Durante la conversione delle masse pagane, alcuni cristiani sentirono il bisogno di ritirarsi in solitudine per vivere pienamente la fede, dando origine al monachesimo. Inizialmente, esso si manifestò in forma eremitica, con individui isolati in grotte, come Lazzaro e Giovanni. Successivamente, si svilupparono forme di vita monastica comunitaria, culminate nel VI secolo con San Benedetto e la sua regola “Ora et Labora“. In parallelo, sorse anche il monachesimo femminile, come nel convento di Santa Caterina a Sambucheto.
BORGO MEDIEVALE
STATUS FERENTILLI – NOBILI
Nel 1484 il feudo di Ferentillo passò alla famiglia Cybo, che ne favorì un periodo di grande sviluppo culturale e politico. Sotto il principe Alberico Cybo Malaspina, Ferentillo divenne uno stato autonomo con proprie leggi e statuti, indipendente da autorità ecclesiastiche e spoletine. Il 3 maggio 1601, con l’accordo delle famiglie locali, venne ufficialmente istituito il nome “Ferentillo” e adottato uno stemma con due gigli, due chiavi e la scritta “fede” alla base.
STREGA
La vita tranquilla del borgo poteva essere rattristata dalla visione di un palco preparato al centro della piazza per il rogo di una donna accusata di stregoneria, doveva essere eliminata per non diffondere l’infezione eretica. La folla all’arrivo della gabbia che accompagnava la sventurata, accorreva per assistere al cerimoniale. La processione, di monaci e monache, scortati dagli armigeri, guidava il corteo che si avvicinava alla piazza. La strega preparata per la condanna seguiva un frate che sorreggeva una croce, mentre il Vescovo, il Vicario del Santo Uffizio e il generale dell’inquisizione attendevano l’inizio del cerimoniale. Tutto si svolgeva alla presenza di un notaio, abitus et vocatus dal Vicario del Santo Uffizio. La strega veniva accompagnata sul palco dal frate che prima di farle baciare il crocifisso, iniziava un suo sermone… INQUISIZIO SUPERIOR REGIBUS: “L’inquisizione è la porta del paradiso è santa, è superiore ai re perché risale alla creazione del mondo e all’origine della torre di Babele”. Il generale dell’inquisizione consegna la sentenza al Vescovo…
I BRIGANTI
Una volta, quando non c’era la strada, quando solo un viottolo tra gli alberi univa i due borghi di Precetto e Matterella, quando il silenzio della notte era interrotto solo dal fruscio del vento che saliva dai canali della Valnerina, rinforzato dallo scroscio di cascatelle e rapide del Nera… allora questo posto diventava l’ideale per un agguato dei… I BRIGANTI!!! I fuorilegge attendevano il viandante solitario, lo aggredivano… lo derubavano… e lo lasciavano a terra spogliato del suo mantello, dei suoi marenghi d’oro e di tutti i suoi averi…
LA PESTE
Nel 1657 Ferentillo fu devastata da una violenta epidemia di peste che si diffuse rapidamente, trasformandosi in un vero flagello. La popolazione, impaurita e angosciata, cercò riparo e cure in un lazzaretto istituito fuori dalle mura del borgo, dove i cosiddetti “medici della peste” tentavano di arginare il morbo. I morti erano numerosi e venivano bruciati lontano dall’abitato per evitare ulteriori contagi. In questo clima di morte e disperazione, la popolazione si aggrappò alla fede e organizzò una processione per le vie del paese, portando con sé la statua di San Sebastiano, invocandone l’intercessione.
Secondo la tradizione, proprio in seguito a quella preghiera collettiva, si verificò il miracolo: San Sebastiano apparve e fermò la diffusione della malattia. I bubboni sparirono dai corpi, l’aria divenne di nuovo respirabile e, come per incanto, la vita nel borgo tornò alla normalità. Il popolo, riconoscente, vide in San Sebastiano non solo il salvatore dei corpi, ma anche il purificatore delle anime. Da quel momento fu scelto come patrono di Ferentillo, protettore spirituale del paese e della sua valle.
I FRANCESI
Nel 1796 l’arrivo dell’esercito napoleonico, guidato dal Colonnello Tursky e diretto verso Roma, sconvolse la quiete delle vallate di Ferentillo, terra dedita all’agricoltura e alla preghiera. I ferentillesi, allertati dal suono delle campane, tentarono una resistenza, ma furono rapidamente sconfitti e costretti a rifugiarsi al passo del Salto del Cieco, da dove continuarono a pianificare rivolte. Ferentillo fu occupata, e il colonnello Tursky ordinò la rimozione delle campane da tutte le chiese, accusandole di incitare alla rivolta anziché alla preghiera. In linea con gli ideali rivoluzionari francesi, fu innalzato l’albero della libertà e si instaurò la Repubblica Romana.
Tuttavia, l’occupazione francese durò poco. Entro il 1799, logorate dalla mancanza di rifornimenti, le truppe francesi si ritirarono. Il 3 agosto, i ferentillesi scesero dalle montagne pronti a combattere, ma trovarono solo un esercito in fuga. Ferentillo fu liberata, insieme al resto della Valnerina. La vittoria segnò la fine dell’invasione francese, ma fu solo l’inizio di una nuova epoca di conflitti che avrebbe condotto all’unificazione d’Italia.
STAZIONE DI POSTA
Nel 1816, Ferentillo ottenne lo status di dogana, come tutti i valichi di confine con il Regno di Napoli e il Granducato di Toscana. Qui si pagavano gabelle e pedaggi sulle merci in transito. Alla dogana era annessa una stazione di posta con locanda e foresteria, dove viaggiatori e cavalli potevano trovare ristoro. I messi dello Stato Pontificio arrivavano periodicamente da Roma per riscuotere i tributi, che venivano consegnati dall’ufficiale del papa. La popolazione locale, presente durante queste operazioni, iniziava talvolta a manifestare malcontento, segno delle prime tensioni che avrebbero portato ai moti carbonari.
FIERA
Le fiere nei borghi, ricche di botteghe e bancarelle, rappresentavano momenti di gioia e convivialità, segnando la fine delle preoccupazioni legate alla sopravvivenza quotidiana. Occasioni vivaci e colorate, permettevano scambi, incontri e la vendita di prodotti artigianali e animali allevati durante l’inverno, soprattutto in primavera. A Ferentillo, la fiera più importante si tenne il 17 dicembre 1860, in occasione della sua annessione al Regno d’Italia e della proclamazione a Comune Libero. Ogni anno, il paese celebrava con fiere anche le ricorrenze di Santo Stefano, San Magno e San Sebastiano, il patrono, festeggiato il 20 agosto.
TREBBIATURA
Una volta i Ferentillesi non avevano grandi occasioni di incontro. Ci si riuniva e si ballava in famiglia durante il carnevale, si giocava a tombola per le feste di Natale e poi, …poi si aspettava la grande festa della trebbiatura che riuniva signori e garzoni, donne e fanciulle…allora, tutti insieme intonavano un canto, quasi una preghiera di ringraziamento per le messe a raccolta. I padroni partecipavano come osservatori e offrivano ai coloni il grande pranzo di chiusura dove la grassa oca troneggiava sul grande banchetto imbandito nell’aia, fra fiumi di vino, risate e allegria. La festa non poteva non finire che con la danza al suono delle fisarmoniche, con l’allegro “saltarello”, che ballavano gli anziani insegnandolo ai giovani e divertendo i bambini che correvano in piena euforia fra le coppie. Quanti amori sono nati fra quel grano! Quante fanciulle si preparavano nelle tetre giornate invernali per quella che era considerata la manifestazione più importante dell’anno! …Forse oggi non si attende più quella ricorrenza ma la grande festa dell’estate, proprio come avveniva un tempo, fa palpitare ancora il cuore dei giovani che, con l’esplodere della natura, emanano tutta la loro gioia di vivere, di sperare, di sognare…di amare.
TRAM
Il 5 settembre 1909, con l’inaugurazione della tramvia Terni-Ferentillo, iniziò una nuova era per la popolazione della Valnerina, che da tempo desiderava un rapido collegamento con Terni. Il tram rappresentò una vera e propria rivoluzione industriale, portando al paese nuove opportunità e speranze, con la possibilità di movimento e l’illusione di un futuro migliore. La popolazione, insieme alle autorità locali e al poeta Furio Miselli, festeggiò questa grande occasione, che sembrava aprire nuove porte per le generazioni future. Tuttavia, pochi anni dopo, nel 1915, quei sogni vennero infranti dalla guerra, decisa da pochi, che costrinse i giovani a partire, nonostante nessuno avesse scelto di combattere.